Le differenze nel mondo che ci circonda possono essere sfruttate per generare valore: con queste parole di  Federico Badaloni, capo dei team di Progettazione e di Grafica della divisione digitale di GEDI, il gruppo editoriale de La Repubblica, si possono riassumere i messaggi lanciati nei vari interventi al World Information Architecture Day, la giornata mondiale dell’architettura dell’informazione, evento nato nel 2011 su iniziativa dell’Information Architecture Institute. Si tratta di un appuntamento annuale in contemporanea mondiale in 56 città di 25 nazioni sparse nei vari continenti. Il World Information Architecture Day è un evento aperto e gratuito, incentrato sull’Architettura dell’Informazione.

Che cos’è  l’Architettura dell’Informazione?

L’Architettura dell’Informazione, detta anche architettura delle informazioni, “information architecture”, è la assetto organizzativo – logico e semantico – delle informazioni, dei contenuti, dei processi e delle funzionalità di un sistema o ambiente informativo. Sta quindi alla base della progettazione di qualsiasi esperienza di fruizione di dati, contenuti, informazioni e processi.
Il Il design è sempre più visto come una metodologia in grado di uscire dai singoli domini (product design, user experience design ecc.) ed essere applicata per produrre un impatto sistemico anche su temi di rilevanza globale come inclusione e sviluppo sostenibile. (World Information Architecture Day ) riunisce una comunità formata da diversi professionisti tra cui architetti dell’informazione, user experience designer, content strategist, product manager, sviluppatori, studiosi e studenti, per una condivisione di idee, pensieri, progetti.

L’architettura dell’informazione e la condivisione

In particolare l’ultima edizione ha incentrato le attività e gli interventi sul design, sempre più considerato una metodologia in grado di uscire dalla settorialità (product design, user experience design ecc.) e dal grande impatto sistemico, per influenzare e proporre soluzioni anche a problematiche di rilevanza globale come inclusione e sviluppo sostenibile.
Fondamentale, perché questo diventi pienamente realizzabile, che gli architetti dell’informazione entrino in un’ottica di condivisione e divulgazione, obiettivi che il WIAD si pone sin dalla sua nascita.
La società attuale non ha ancora imparato a confrontarsi con la diversità.
Questo è quanto emerge da numerosi interventi sul tema al WIAD: il diverso, inteso come immigrato, rifugiato, o in senso più lato, come persona che ha caratteristiche, idee, modi di vivere e di pensare che si discostano dai nostri standard abituali, generano ancora nella società moderna un senso di rifiuto, di paura, creando spaccature e riducendo quelle che potrebbero essere nuove prospettive e opportunità di crescita, in tutti i settori.
Eppure, da quanto emerso al WIAD, esiste una via ancora inesplorata e ricchissima di potenzialità, che prende il nome di Inclusive design, un design che prende la sua forza dalla diversità vissuta come potenziale, come punto di forza e non come un problema da risolvere.
Per questo, abbiamo bisogno di un ribaltamento delle nostre prospettive, che vedono nella diversità un ostacolo e non un vantaggio, un impoverimento invece che un arricchimento di angolazioni e occasioni.
Valentina Primo, founder di Startup Without Borders ha puntato i riflettori sulle opportunità di sviluppo associate alla creazione di un ecosistema di startup fondate da migranti e rifugiati.
Questo sarebbe possibile in primo luogo favorendo il networking, creando percorsi formativi di alto livello, valorizzando la diversità come fonte di innovazione,  e facendo conoscere le storie di successo, modificando nell’immaginario collettivo le figure dei migranti da cercatori di lavoro a creatori di opportunità lavorative, di consumatori di tecnologia ad innovatori.

Inclusive design – tutte le diversità

Ethan Bonali, CEO di Meta e attivista transgender, ha invece incentrato il suo intervento sul linguaggio come strumento in grado di dare forma a processi e sistemi.
Oggi l’identità di genere non ha più lo stesso significato di prima, bisogna entrare in un’ottica più aperta e per farlo il linguaggio risulta essere fondamentale per un cambio di prospettiva, perché è la base della codifica della realtà. Anche la rete ha un’importanza capitale, perché permette confronti, raffronto di esperienze e di vissuti, permette di attuare quel cambiamento di mentalità che si può avere solo ampliando le proprie vedute.
Inclusive design, dunque, per non escludere nessuna prospettiva, perché ogni ampliamento è arricchimento, ogni chiusura una perdita.